martedì 29 settembre 2009

Pillole politiche, ulcera N°6

Da: La Casta
Di: Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella (prima edizione maggio 2007)
Capitolo 10 "Come puntare un euro e vincerne 180". Ma il referendum non aveva abolito il finanziamento pubblico?
Pag. 144


E il conto è carissimo. Dal 1976 al 2006, i cittadini hanno versato nelle casse dei partiti l'equivalente, in valuta 2006, di 3 miliardi e mezzo di euro. Per l'esattezza: 3.419.584.022. Una somma enorme, che sarebbe stata più che sufficiente a realizzare la variante di valico tra Firenze e Bologna, considerata l'autostrada più cara della storia con i suoi 55 chilometri di gallerie. O a finanziare la costruzione del canale progettato per riportare l'acqua dal Mar Rosso nel Mar Morto. Per non parlare dei soldi sporchi. Quelli che un po' tutti i partiti della Prima Repubblica (con rare eccezioni come i radicali) incassarono per anni e anni dalle bustarelle su ogni lavoro pubblico ai tempi in cui, secondo Silvio Berlusconi, dovevi "fare lunghe file per seguire una pratica e poi passare da un ufficio all'altro con l'assegno in bocca, perché cosi si usava nella pubblica amministrazione". Quanto avesse pesato sulle tasche dei contribuenti quel sistema di tangenti lo calcolò nel febbraio del 1993 il Centro ricerca e documentazione Luigi Einaudi diretto da Mario Deaglio.
Conclusione: il "presumibile ammontare dei maggiori costi sostenuti dallo Stato per effetto della discrezionalità della decisione politica" era stato, nel solo 1991, tra i 3,3 e 4,9 miliardi. Anche se, precisava lo studio, era probabile che la verità non stesse nel mezzo ma bensì in prossimità del limite massimo. Per capirci: almeno 4 miliardi di euro l'anno in valuta di oggi. E non era finita: queste somme sono state pagate dallo Stato in eccesso a quanto sarebbe stato dovuto e possibile. Hanno quindi aumentato il deficit pubblico. Al fine di finanziare il deficit, lo Stato ha fatto ricorso ai prestiti pubblici. Non potendo restituire i prestiti a fine anno, li ha rinnovati. Una spirale abnorme. Che negli anni ottanta, quelli in cui il nostro "buco" sprofondò, sempre in moneta attuale, da 137 a 772 miliardi, fu responsabile secondo il Centro Einaudi di almeno un decimo dell'inabissamento debitorio. Con un danno alle pubbliche casse che, nel solo ultimo decennio prima del'esplosione di Tangentopoli, potrebbe essere calcolato, secondo le stime prudenti del centro studi torinese, in quasi 75 miliardi di euro. Onestamente: c'è qualche Candido nostrano disposto ad immaginare che una classe dirigente cosi ingorda e rimasta in gran parte la stessa sia diventata virtuosa nonostante diversi ladroni se la siano cavata senza un baffetto? Piercamillo Davigo sorride amaro: "siccome non è cambiato nulla nei meccanismi che avevano prodotto la degenerazione di Tangentopoli non c'è ragione di immaginare un miglioramento. Anzi, semmai si sono abbassate le soglie di difesa. E c'è un'idea più diffusa di impunità. Quindi ... insomma, non solo non mi stupirei a scoprire che l'andazzo è quello di prima, ma mi stupirei nello scoprire il contrario".
Ma torniamo ai finanziamenti pubblici. Le cifre vi sembrano enormi? Eppure si tratta solo di una fetta della torta divorata dagli apparati. Sostenuti in larghissima parte dalle pubbliche casse sotto forma di migliaia di posti nei consigli di amministrazione di società ed enti vari e municipalizzate, autoblu, incarichi, prebende, consulenze spesso insensate e altro ancora. Si pensi, per esempio, ai 60 milioni di euro l'anno di finanziamenti ai "giornali di partito". Virgolette obbligatorie: non tutti lo sono davvero. Anzi, quelli che si definiscono tali e hanno buone ragioni di lamentarsi della concorrenza sleale (come federo tempo fa i direttori di Europa Stefano Menichini, di Liberazione Piero Sansonetti, della Padania Gianluigi Paragone, del Secolo d'Italia Flavia Perina e dell'Unità Antonio Padellaro con una lettera aperta che denunciava le forti difficoltà economiche dovute ai tali della pubblicità e chiedeva un finanziamento pubblico e sicuro, puntuale e riservato solo a loro) sono solo una minoranza...... La corsa a mettere un timbro di partito sul proprio giornale per passare alla cassa fu frenetica. E non cessò certo quando la Finanziaria 2001 di Amato mise ordine (formalmente) offrendo però a tutti una via d'uscita : per rimanere attaccati alla mammella statale bastava trasformarsi in una cooperativa. E cosi fecero quasi tutti.........

5 commenti:

il Russo ha detto...

Puntare un euro e vincerne 180? Quasi meglio del superenalotto ma con più possibilità di vincita...

Pupottina ha detto...

odio la politica e tutto quello che ruota intorno, altro che ulcera!!!!

buon martedì ^_____________^

Punzy ha detto...

MADONNA ALTRO CHE ULCERA!!

frank ha detto...

già e dire che sono tutti contro lo "stato assistenzialista"

Nicole ha detto...

Che dire la mia è già un'ulcera perforata!